Sabato 5 a Firenze la polizia aggredisce una manifestazione organizzata dal cartello “C’è chi dice No”, che fa riferimento all’area del No sociale. La questura aveva vietato la manifestazione già annunciata per non turbare i forchettoni della Leopolda. I succhioni avevano di che festeggiare: nella mattina il presidente del consiglio e il sindaco di Firenze hanno firmato il cosiddetto “Patto per Firenze”, 680 milioni di euro a disposizione della classe dominante cittadina e delle istituzioni per l’ennesima abbuffata, con la scusa di cinquemila posti di lavoro in più. Ogni nuovo posto di lavoro costerà 136mila euro!
Alla Leopolda si è riunita la maggioranza del PD, quella che sostiene Renzi. I beneficiari dei salvataggi della banche, degli immensi capitali sperperati nelle grandi opere, la consorteria che ogni anno svuota il pubblico erario, i beneficiari, gli speculatori, i portaborse, i valletti, i commessi. La crisi, la disoccupazione, la miseria crescente, l’inquinamento non sono maledizioni della natura, ma sono il risultato della cattiva organizzazione sociale, che ha delle vittime e ha anche chi se ne avvantaggia, dei responsabili. Chi volesse avere un’idea di gran parte dei responsabili italiani, può dare un’occhiata alla platea e al palco della Leopolda. Non c’è da stupirsi che il 5 novembre, giorno della venuta di Renzi alla Leopolda, si svolga una manifestazione di protesta, e non c’è da stupirsi che la Questura, uno dei cani da guardia dei potenti, vieti la manifestazione; c’è da stupirsi, anzi, che in piazza non ci sia stata più gente.
Siamo solidali con le vittime della violenza poliziesca, protestiamo contro l’atteggiamento autoritario e servile della questura di Firenze. Siamo però convinti che in piazza ci poteva essere più gente, la protesta poteva avere più risonanza nei ceti popolari. La scelta di legare la protesta al referendum costituzionale di dicembre rappresenta un momento di divisione tra gli attivisti e le componenti politiche e sindacali del movimento; lo si è visto nella divaricazione degli scioperi generali, per cui una parte del sindacalismo di base ha scioperato il 21 ottobre e l’altra il 4 novembre, lo si vede nelle manifestazioni dove la scelta referendaria provoca una divaricazione. In pratica, i sostenitori del No sociale preferiscono, all’unità dei movimenti di lotta, l’unità con i brandelli sfilacciati dell’estrema sinistra del ceto politico.
Quale attrattiva può avere questa politica per la maggioranza del proletariato, per quella maggioranza che ormai da anni non va a votare, che non vede più nella lotta elettorale lo strumento per la difesa dei propri interessi di classe, che non individua più nell’urna la strada per l’emancipazione dallo sfruttamento capitalista?
E’ questo il nodo di tutti i ragionamenti sulle opzioni rispetto al referendum: la credibilità delle minoranze agenti di fronte alle masse che non hanno più fiducia nella strada autoritaria, riformista ed elettoralista, la capacità di elaborare una strategia politica alternativa a quella elettorale, quella strategia che affonda le proprie radici nell’esperienza dei ceti popolari, dalla Settimana Rossa all’insurrezione antifascista del 25 aprile 1945, alle giornate di Genova ’60.
La svolta autoritaria non è il frutto di un complotto internazionale, della malvagità di Renzi e di Napolitano, è piuttosto il prodotto delle tendenze profonde del processo di produzione: ogni capitalista organizza la produzione per il proprio profitto individuale, questa è la causa di mali quali il ribasso dei redditi, la disoccupazione, il saccheggio delle risorse naturali e dell’ambiente. Tutti mali che i capitalisti e i governi scaricano sui lavoratori, sui ceti popolari; la classe dominante tenta di sostituire alla concertazione e alla collaborazione l’imposizione dei propri interessi a danno della stragrande maggioranza dei cittadini.
Questa è la ragione profonda della svolta autoritaria, che si manifesta e si afferma prima del cambiamento della costituzione.
A Firenze la questura proibisce la manifestazione di protesta, e aggredisce gli attivisti che vogliono comunque manifestare, per proteggere i loschi figuri riuniti alla Leopolda. Ad Istanbul la polizia aggredisce i manifestanti che protestano contro l’ennesima stretta repressiva. Erdogan, alleato di Mattarella e di Renzi nella NATO, ha già scatenato la guerra civile contro il popolo curdo e le opposizioni, per mantenere il proprio potere. La vicenda dell’HDP, il partito legato alla resistenza curda, dimostra quanto sia illusoria la prospettiva elettorale.
Il fascismo non è solo un rigurgito reazionario, ma la forma di dominio politico adeguata alla fase di capitalismo monopolistico di Stato in cui stiamo vivendo. Alla minaccia del fascismo, della miseria e della guerra non si sfugge guardando al passato, al democratico compromesso interclassista, ma guardando al futuro, verso la Rivoluzione Sociale.
Tiziano Antonelli